La rinuncia all’eredità

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Non sempre ricevere un’eredità risulta vantaggioso.

Insieme al patrimonio del defunto, infatti, si ereditano anche i debiti, con il rischio di dover pagare di tasca propria.

Ecco perché la legge consente sempre di scegliere se accettare o meno l’eredità.

Chi è nel possesso dei beni ereditari (e quindi in primo luogo i familiari che convivevano con lui, ma anche chiunque abbia la disponibilità di un solo oggetto del defunto, anche di minimo valore) deve decidere in fretta: ha solo tre mesi di tempo. Dopo tre mesi è considerato erede anche contro la sua volontà (accettazione presunta).

In questo caso, infatti, la legge richiede una decisione rapida, per evitare che qualcuno possa continuare a godere del patrimonio ereditario senza assumere formalmente la qualità di erede, e dunque senza pagare i debiti del defunto. Se i debiti sono superiori al patrimonio lasciato dal defunto, conviene affrettarsi a rinunciare.

Per tutti gli altri, cioè quelli che non sono in possesso dei beni ereditari, non c’è fretta.

La legge lascia dieci anni di tempo per decidere se accettare l’eredità. Passati i dieci anni non si può più diventare eredi, salvo casi particolari.

Chi non vuole essere erede, quindi, può anche non fare nulla (sempre che non sia nel possesso di beni ereditari), e lasciare che il tempo passi, a meno che il giudice fissi un termine più breve per l’accettazione. Se invece vuole definire subito la questione, può rinunciare subito all’eredità.

Gli indecisi, comunque, hanno a disposizione una via di mezzo tra accettazione e rinuncia, e cioè l’accettazione con beneficio di inventario, che consente di rispondere dei debiti solo entro il valore dei beni ereditari.

In questo caso bisogna tenere presente che chi ha fatto l’inventario dell’eredità ha solo quaranta giorni per fare la dichiarazione di accettazione beneficiata oppure la rinunzia e, in mancanza, è considerato erede puro e semplice.

In ogni caso, chi decide di rinunciare all’eredità deve fare una dichiarazione espressa e formale.

Ci sono due alternative.

La rinuncia all’eredità si può fare con un atto notarile oppure con una dichiarazione nella cancelleria del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, ed inserita nel registro delle successioni (art. 519 c.c.).

Chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato (art. 521 c.c.).

Il rinunziante può, tuttavia, ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile, salve le disposizioni degli articoli 551 e 552 del codice civile.
La rinunzia all’eredità non può essere fatta solo in parte, né sottoposta a condizione o a termine, e in tal caso sarebbe nulla, quindi non produrrebbe alcun effetto (art. 520 c.c.).

Ma cosa succede dopo la rinunzia? Bisogna trovare un nuovo erede, e per ottenere questo risultato la legge indica diversi sistemi alternativi.

Prima di tutto, se l’erede era stato designato in un testamento, può darsi che il testatore abbia indicato un sostituto, nel caso in cui il primo soggetto designato non voglia (o non possa) accettare l’eredità. In caso contrario entra in gioco il meccanismo della rappresentazione. Se il primo erede designato è un figlio oppure un fratello o una sorella del defunto, l’eredità viene offerta ai discendenti di chi ha rinunciato. Anche loro, naturalmente, possono scegliere se accettare o rifiutare.
Se una persona ha deciso di rinunciare all’eredità per non pagare i debiti, è quindi opportuno che la dichiarazione di rinuncia sia fatta anche da tutti i suoi discendenti, per evitare che debbano essere loro a pagare.

Quando non opera neppure la rappresentazione, la legge prevede l’accrescimento della quota ereditaria del rinunziante a favore degli altri coeredi. Ciò può accadere, ovviamente, solo se erano stati designati più eredi, e almeno uno di essi ha accettato l’eredità.

In caso contrario, l’erede viene individuato secondo le regole della successione legittima, che prevede una serie di possibilità alternative, dai parenti più stretti fino ai più lontani (fino al sesto grado). Lo scopo è quello di trovare sempre un erede, per favorire la definizione dei rapporti giuridici che facevano capo al defunto.

In mancanza di altri possibili successori l’eredità viene attribuita allo Stato, che in ogni caso pagherà i debiti solo entro il valore del patrimonio ereditario.

La rinuncia da parte di minori e incapaci

Per minori e incapaci la legge prevede l’obbligo di accettare l’eredità con beneficio di inventario, a tutela dell’integrità del loro patrimonio personale.

Accettando l’eredità con beneficio di inventario la responsabilità per i debiti ereditari è limitata al valore dell’attivo ereditario.

Il minore, o l’incapace, non corre dunque in rischio di dover pagare i debiti ereditari di tasca propria, ma può beneficiare dell’eventuale patrimonio ereditario che rimane dopo aver pagato i debiti.
In alcuni casi, però, l’insufficienza del patrimonio ereditario al pagamento dei debiti può risultare evidente. In tal caso il giudice potrebbe autorizzare il legale rappresentante a rinunciare immediatamente all’eredità, in luogo della complessa procedura di accettazione con beneficio di inventario, risparmiando così costi inutili che graverebbero sul patrimonio del minore o dell’incapace.
La scelta sull’autorizzazione o meno alla rinuncia all’eredità è comunque rimessa alla discrezionalità del giudice, al quale il legale rappresentante può presentare la richiesta, fornendogli tutte le informazioni necessarie per una decisione consapevole.

I documenti per la rinuncia all’eredità

Defunto:

  • Certificato di morte (in carta libera)
  • Codice fiscale del defunto

Rinunziante:

  • Fotocopia della carta di identità e del codice fiscale
  • Grado di parentela con il defunto
  • Se c’è un testamento, copia del verbale di pubblicazione

ATTENZIONE: Per chi è in possesso dei beni ereditari, la rinuncia all’eredità deve avvenire entro tre mesi dalla morte.